Sappiamo che molte volte la Sardegna è stata privata delle risorse per realizzare quelle infrastrutture fisiche e che questo le ha le fatto registrare il triste primato di territorio che ha un numero così esiguo – per quantità e qualità- di strade e ferrovie per i collegamenti interni. Non che il discorso sia più felice quando si parli di collegamenti con l’esterno, che vedono il nostro territorio in perenne stato di incertezza e difficoltà.
La scarsità di risorse tradizionalmente assegnate alla Sardegna per la realizzazione delle infrastrutture ha segnato in maniera pesante il suo destino di marginalità economica, che perdura dall’unità d’Italia ad oggi.
Da qualche anno si parla della realizzazione di un altro tipo di infrastrutture: la rete per la Banda Ultra Larga (BUL). Si tratta di un piano nazionale per fare in modo che in tutto il territorio italiano vengano ridotte/colmate le differenze nelle condizioni di accesso alle reti digitali da parte dei cittadini. Per raggiungere questo obiettivo è necessario realizzare delle infrastrutture pubbliche per le telecomunicazioni capillari e ultra veloci mediante la posa di cavi in fibra ottica che attraversano, come la tela di un ragno, tutto il territorio, collegando tra loro tutti i centri abitati e gli altri centri d’interesse, con particolare attenzione a quelle aree a cosiddetto “fallimento di mercato”, quelle aree, cioè, che non giustificherebbero l’ingente investimento privato necessario alla realizzazione delle opere per mancanza di un mercato che sia disposto a coprirne il costo con la richiesta di servizi.
Per la Sardegna, le opere sono in corso di realizzazione da qualche anno e la loro generale conclusione è prevista per il 2023.
L’esperienza di confinamento lavorativo e sociale vissuta nel periodo Covid dovrebbe avere fatto almeno intuire che il poter contare su una rete infrastrutturale per le telecomunicazioni veloce ed affidabile rappresenta la vera potenzialità per qualunque territorio e comunità, a prescindere dalla distanza geografica che separa dai grandi centri urbani e dalla qualità delle infrastrutture di comunicazione fisiche, come strade asfaltate o ferrate, che ci circondano.
E non possono sfuggire, in tale senso, le implicazioni che il tema si porta appresso parlando di accesso ai servizi scolastici e ad altri servizi pubblici e privati e, dunque, con uno specifico focus sulla Sardegna, della poca attrattività esercitata sui cittadini dai comuni già poco popolati o da quelli a rischio di spopolamento.
Ma perché questa bellissima scoperta non rimanga vantaggio per pochi e pio desiderio per i più, sarebbe il momento per crederci fino in fondo, facendo in modo che la Regione Sardegna raccolga la sfida e che questa, oltre che mettere a disposizione una parte dei fondi necessari a completare le opere, ci metta anche la testa per pensare a come accompagnare questa rivoluzione che potrebbe realmente cambiare lo stato delle cose per una parte rilevante dei sardi.
Di pari passo rispetto al completamento delle infrastrutture di cui si è detto, scuola, sanità, pubblica amministrazione, imprese e cittadini avrebbero bisogno di imparare, toccare con mano le potenzialità enormi riconducibili alla disponibilità delle reti ultraveloci per facilitare il lavoro, accrescere le potenzialità di mercato, migliorare la qualità della vita, diminuire l’inquinamento, evitare gli spostamenti non necessari, razionalizzare i pubblici servizi diretti ai cittadini rendendoli più efficaci, ecc.
Per acquisire questa consapevolezza non è sufficiente che si completi la infrastruttura materiale con la posa della rete che, come abbiamo detto, a partire dal 2023 raggiungerà la maggior parte dei comuni della Sardegna. È fondamentale che la rete venga “accesa”, ossia venga scoperta dai cittadini, dalle imprese, dalla pubblica amministrazione, dalle scuole e che vengano sollecitati i contratti di fornitura alle compagnie concessionarie, che avranno il compito di gestire e manutenere la rete.
L’esortazione alla Regione è dunque di saper cogliere questa opportunità e di volere coordinare l’avvio verso una veloce transizione digitale da parte di tutta la società sarda, non solo occupandosi di stanziare ulteriori fondi per erogare incentivi per acquisto di hardware e software (sotto forma di contributi o voucher) ma, immagino sopratutto, programmando una poderosa azione di promozione di questo cambiamento, che solo in minima parte è già in atto e che fino a questo momento ha coinvolto solo una piccola parte dei cittadini più fortunati e ha sviluppato solo una piccola porzione delle incredibili potenzialità che possono venire messe in moto.