Dal 1° gennaio 2021 è in vigore la nuova classificazione in materia di rifiuti, distinti ora in “urbani” e in “speciali”, prevista dal Dlgs del 26 settembre 2020, n.116, in recepimento della direttiva europea 2018/851 e in attuazione della direttiva europea 2018/852, che ha modificato in modo sostanziale la parte IV del Testo Unico Ambientale (Dlgs del 3 aprile 2006, n. 152).
A seguito della nuova classificazione dei rifiuti, si è reso necessario un chiarimento del Ministero dell’Ambiente, che è arrivato con la circolare del 2 febbraio n. 10249 in cui si è espresso sulla questione relativa ai rifiuti da costruzione e demolizione prodotti da utenze domestiche alla luce del Dlgs 116/2020. La definizione di «rifiuti urbani», ribadisce il ministero, è introdotta al fine di definire l’ambito di applicazione degli obiettivi di preparazione per il riutilizzo e riciclaggio nonché le relative norme di calcolo.
In particolare, per quanto concerne la definizione riportata all’articolo 183 comma 1, lettera b-sexies) “I rifiuti urbani non includono i rifiuti della produzione, dell’agricoltura, della silvicoltura, della pesca, delle fosse settiche, delle reti fognarie e degli impianti di trattamento delle acque reflue, ivi compresi i fanghi di depurazione, i veicoli fuori uso o i rifiuti da costruzione e demolizione”. Tali rifiuti – specifica la nota – si riferiscono ad attività economiche finalizzate alla produzione di beni e servizi, quindi ad attività di impresa.
Quanto ai rifiuti da costruzione e demolizione, la definizione di tale fattispecie fa riferimento ai rifiuti risultanti da attività di costruzione e demolizione in senso generale, ma come precisato nel considerando 11 della direttiva 2018/851/Ue, “essa comprende anche i rifiuti derivanti da attività secondarie di costruzione e demolizione fai da te effettuate nell’ambito del nucleo familiare. I rifiuti da costruzione e demolizione dovrebbero essere intesi come corrispondenti ai tipi di rifiuti di cui al capitolo 17 dell’elenco di rifiuti stabilito dalla decisione 2014/955/UE nella versione in vigore il 4 luglio 2018”.
In tal modo, il legislatore europeo, spiega il Ministero, pur identificando detti rifiuti prodotti da utenze domestiche nell’apposito capitolo 17, per un più coerente avvio alle operazioni di preparazione per il riutilizzo, ne ammette la gestione nell’ambito del servizio pubblico, se prodotto nell’ambito del nucleo familiare.
I rifiuti prodotti in ambito domestico e, in piccole quantità, nelle attività “fai da te”, possono essere quindi gestiti alla stregua dei rifiuti urbani ai sensi dell’articolo 184, comma 1, del d.lgs. 152/2006, e, pertanto, potranno continuare ad essere conferiti presso i centri di raccolta comunali, in continuità con le disposizioni del Decreto Ministeriale 8 aprile 2008 e s.m.i, (“Disciplina dei centri di raccolta dei rifiuti urbani raccolti in modo differenziato”).
Resta ferma la disciplina dei rifiuti speciali prodotti da attività di impresa di costruzione e demolizione nei casi di intervento in ambito domestico di imprese artigianali, iscritte nella categoria 2-bis dell’Albo Gestori Ambientali (produttori iniziali di rifiuti non pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti, nonché i produttori iniziali di rifiuti pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti pericolosi in quantità non eccedenti trenta chilogrammi o trenta litri al giorno di cui all’articolo 212, comma 8, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152).