Reddito di cittadinanza: con Inps e Istat è guerra sui numeri. Prime domande il 6 marzo

Posted By Antonio Alivesi on Feb 5, 2019 | 0 comments


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SUL REDDITO (DI CITTADINANZA) SI DANNO I NUMERI
E’ sempre una questione di misura. Anche in economia. La presentazione del portale dedicato al reddito di cittadinanza (www.redditodicittadinanza.gov.it; per ora solo informativo perché le domande potranno essere caricate dal 6 al 31 marzo oppure presentate alle Poste o ai Caf) e la Card “numero uno” (nella foto; se ne prepareranno tre milioni), hanno alzato un gran polverone, di numeri.

Inps e Istat non si sono detti d’accordo con quelli comunicati dal ministero del Lavoro.

Vediamoli: nell’ipotesi di un tasso di adesione all’85%, l’Istat – scrive Il Sole 24 Ore – «ha stimato 1,308 milioni di famiglie beneficiarie (752mila nel Mezzogiorno, 333mila al Nord e 222mila al centro) e 2,706 milioni di individui. Inoltre, le simulazioni dell’Istituto dicono che numerosi saranno i beneficiari single (il 47,9% delle famiglie beneficiarie) mentre le coppie con figli minorenni saranno circa 260mila (il 19,6%) e percepiranno, in media, 6mila 470 euro, quindi meno delle coppie con figli tutti adulti (che percepiranno 7mila 41 euro)».
Per l’Inps, invece, la platea di beneficiari sarà di 1,2 milioni di nuclei familiari con 2,4 milioni di persone. L’analisi di Tito Boeri, presidente uscente dell’Inps, arriva affilata: «Se quota 100 premierà soprattutto i lavoratori maschi del Nord con carriere contributive piene e i dipendenti pubblici, il Reddito di cittadinanza andrà invece a beneficio di residenti al Sud, soprattutto single, e garantirà livelli di reddito in molti casi superiori a quelli che potrebbero avere lavorando».
Il ministero del Lavoro tiene ferme le sue posizioni: la platea che beneficerà del Reddito, con una stima di adesioni all’85%, sarà di 1,3 milioni di famiglie e di circa 4 milioni di persone interessate; i nuclei potenziali sono però 1,7 milioni circa e 4,9 milioni i cittadini interessati. Di questo milione e settecentomila in età da lavoro (16-64 anni), 613mila sono persone che cercano un’occupazione (il 22,7% del totale) e 428mila sono già occupati (il 15,8%). Scrive il quotidiano “La Repubblica”: «Tra le persone inattive che sono in grado di lavorare si contano 422mila casalinghe, quasi il 7% ha laurea o dottorato (120mila), l’11% è straniero (150mila famiglie). Assegno medio: 420 euro».

MA ANCHE SU QUOTA 100, C’E’ UN PO’ DI CONFUSIONE
Tito Boeri, i conti li ha fatti. E su quota 100 sembra non avere dubbi: «Nel triennio i quotisti effettivi si fermeranno a 650mila. E la misura peserà parecchio sulle generazioni future». Si legge sul Sole 24 Ore: «Si prevede un aumento del debito implicito di circa 38 miliardi in tre anni, che lieviterebbe a oltre 90 miliardi nel caso in cui l’intervento diventasse strutturale. Mentre i pensionati attuali pagheranno con la deindicizzazione delle pensioni. E’ la parte che contribuisce di più a sostenere quota 100». Nei giorni scorsi, all’Inps sono arrivate più di 18mila domande di pensione con quota 100, «quattro su dieci dal Sud e in buona parte da soggetti non occupati. Circostanza che dovrebbe far riflettere circa l’idea che il pensionamento liberi posto di lavoro per i giovani». L’inps non è stato l’unico, però, ad aver lanciato l’allarme sulla misura. Da un lato è intervenuto l’Anci (perché sono previste circa 50mila uscite nei Comuni nel prossimo anno e mezzo) e dall’altro l’Ance, «secondo cui i requisiti contributivi per quota 100 rendono assolutamente impraticabile l’accesso agli operai edili, lasciando nei cantieri lavoratori anziani impegnati in attività faticose».

LA STRETTA SUI FURBETTI
Il governo, però, sul Reddito di cittadinanza tenta di rassicurare un po’ tutti. A partire da Inps e Istat, che “guerra dei numeri” a parte riflettono anche sui “furbetti”: al rifiuto della prima offerta di lavoro “congrua” – entro 100 km di distanza dalla residenza – scatteranno i controlli per chi percepisce il sussidio. Ancora “Il sole 24 Ore”: «Il “no” verrà registrato sul nuovo portale da dove partirà la segnalazione all’Ispettorato nazionale del lavoro e alla Guardia di finanza. Questo giro di vite nasce dalla consapevolezza che il rifiuto potrebbe arrivare da chi è impegnato nel lavoro sommerso: se trovato, dovrà restituire l’importo incassato e rischierà il carcere». Per omessa comunicazione della variazione del reddito effettivo o del patrimonio è prevista la reclusione da 1 a 3 anni, che diventano da 2 a 6 nel caso di presentazione di dichiarazioni false utilizzate per ottenere il Reddito di cittadinanza.

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