Manifattura additiva, a Francoforte quelli che contano ci sono tutti. Anzi no, manca l’Italia…

Posted By Daniela Montalbano on Dic 3, 2019 | 0 comments


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Si chiama Formnext, si svolge a Francoforte, ed è la più importante fiera della manifattura additiva al mondo. Tedeschi e americani, di comune accordo, hanno scelto di trasformarla nel punto di riferimento internazionale delle case produttrici e nel luogo dove far convergere le principali novità presenti sul mercato.

Quest’anno, in occasione della quarta edizione della rassegna, Faberlab è stato al Formnext per entrare nel cuore della manifattura additiva di ultima generazione e, per prima cosa, ciò che è saltato all’occhio è la dimensione della fiera: enorme, superiore alle aspettative, e completa. Non manca nessuno (eccezion fatta per gli italiani: ne parleremo più avanti).

Francoforte con Formnext si trasforma nel cuore dell’industria.

Torna allora alla mente il vecchio slogan “una stampante in ogni casa”: si pensava che potesse andare così, ma non è successo. La stampa 3D è una tecnologia industriale mentre i “maker” sono rimasti una piccola minoranza.

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Scorrendo le immagini e i contenuti di Formnext, partiamo dalla plastica: scopriamo così una grande varietà di materiali per tecnologie ormai mature quali l’FDM e osserviamo che anche i grandi nomi hanno iniziato a produrre tecnopolimeri. La stessa BASF ha presentato una linea di prodotti dedicata alla stampa 3D, ma anche resine e altri polimeri.

Troviamo anche Arburg, con l’ultima novità della stampante a granuli, in grado di inserire un filamento di carbonio nel manufatto e di realizzare applicazioni rivoluzionare per il medicale e applicazioni ad alto contenuto tecnologico per l’industria.

È però la sinterizzazione del metallo a trionfare su tutte le tecnologie, con un numero di produttori che sorprende: ci sono i nomi tradizionali della stampa 3D come 3D SystemsEos e Reinshaw, ma anche i grandi della manifattura, come DMG MORI, con una macchina che dà l’impressione di poter stampare direttamente un’auto e General Electric che, da utilizzatore, è arrivata a creare una macchina per la sua divisione specifica la GE Additive.

E poi ci sono apparecchiature che si propongono come alternativa alla produzione di piccoli lotti e promettono una produzione di massa.

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A Formnext ci sono tutti. Anche gli asiatici – con giapponesi, taiwanesi e cinesi ormai in prima linea nell’innovazione – e persino i russi, forti di tecnologie 3D per metallo e plastica.

Ci sono tutti tranne gli italiani. E allora chiediamoci: come mai la seconda manifattura d’Europa, uno dei Paesi più importanti al mondo per la costruzione di macchine, non c’è? Veramente i costruttori italiani hanno scelto di non occuparsi della manifattura additiva? Siamo condannati ad essere un Paese legato a tecnologie vecchie e quindi a produzioni destinate ad essere superate? Da questa fiera sembra proprio di sì, seppure qualche eccezione non mancasse: pensiamo ai (soli) tre produttori DWS con una forte presenza nella tecnologia delle resine, Sharebot e Wasp a cui va il merito di resistere con le loro tecnologie allo strapotere dei grandi gruppi internazionali.

Per il resto, produttori storici stranieri, nuovi produttori stranieri, service stranieri e utilizzatori stranieri.

L’Italia ha scelto di uscire dai giochi dell’innovazione?

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