Italia digitale, una sfida per il governo

Posted By Daniela Montalbano on Set 19, 2019 | 0 comments


Nel settore delle telecomunicazioni, il servizio universale trae origine dal codice postale del 1973, che assegnava al concessionario dell’epoca l’obbligo di fornire agli utenti servizi con determinati livelli qualitativi, in modo omogeneo all’interno del territorio nazionale e a tariffe accessibili, soprattutto per le utenze meno abbienti. Il diritto comunitario, con le direttive del 2002, ne ha disciplinato gli obblighi di fornitura su tutto il territorio dell’Unione Europea, definendone altresì le modalità di finanziamento.
E difatti, in base alla vigente normativa, il servizio universale prevede l’obbligo di garantire, a livelli qualitativi prestabiliti e a un prezzo accessibile, su tutto il territorio nazionale e a tutti gli utenti, l’accesso a una rete di comunicazione pubblica da postazione fissa per comunicazioni vocali, trasmissioni fax e dati (a una velocità pari a 2 Mbps, tale da garantire un accesso efficace a Internet).
In particolare, il prezzo abbordabile deve essere definito in base alle specifiche circostanze nazionali e devono essere adottate misure appropriate qualora i prezzi al dettaglio per i servizi di Internet a banda larga e di comunicazione vocale non siano economicamente accessibili ai consumatori a basso reddito o con esigenze sociali particolari – tra cui gli anziani, gli utenti finali con disabilità e i consumatori che vivono in zone rurali o geograficamente isolate.
In concreto, il servizio universale prevede l’applicazione di agevolazioni economiche in favore di utenti disabili (esenzione del canone relativamente all’offerta voce) e di quelli che versano in condizioni di disagio economico-sociale, con un indicatore della situazione economica equivalente Isee non superiore a 8.112,23 euro (sconto del 50 per cento sul canone di accesso alla rete telefonica, nonché di 30 minuti gratuiti di telefonate verso tutte le numerazioni nazionali fisse e mobili).
Nell’ottica di un’effettiva inclusione sociale, gli utenti che beneficiano delle agevolazioni hanno altresì il diritto di sottoscrivere una offerta di accesso a Internet a tariffe di mercato.
Il numero di coloro che usufruiscono delle agevolazioni economiche è rimasto abbastanza costante fino al 2007, attestandosi poco al di sopra dei 100 mila utenti, mentre dal 2009 al 2014 si è ridotto, per arrivare a poco più di 50 mila, con un indice di penetrazione, rispetto all’Isee, intorno al 2 per cento.
L’inefficienza dell’attuale sistema di fornitura del servizio universale è dimostrato anche dal metodo di ripartizione del suo costo netto tra gli operatori, caratterizzato da un meccanismo che finora ha favorito una sorta di regulation by litigation, frutto di reiterati e molteplici ricorsi innanzi alla giustizia amministrativa, con l’obbligo, per l’Autorità garante delle comunicazioni, di rinnovare gran parte dei propri procedimenti sulla materia.
Il risultato di tale inefficienza è riscontrabile nei dati pubblicati dal recente “Rapporto Desi 2019”, elaborato dalla Commissione europea, in base al quale risulta che in Italia la copertura della banda larga fissa ha raggiunto, nel 2018, il 100 per cento (più precisamente il 99,5 per cento, nono posto in classifica, contro il 97 per cento media Ue), ma con una diffusione (percentuale delle famiglie) pari al 60 per cento (ventiquattresimo posto) contro il 77 per cento media Ue. Ciò testimonia come sia stato raggiunto (lato offerta) l’obiettivo di garantire un accesso universale a una rete di comunicazione pubblica da postazione fissa, ma non quello (lato domanda) di una diffusione universale presso le famiglie, nonostante la previsione di prezzi accessibili e di agevolazioni economiche per le utenze più disagiate.