Contro il virus, il mix di buone abitudini e buonsenso: «Il clima aziendale ne guadagna»

Posted By Daniela Montalbano on Gen 20, 2021 | 0 comments


Le regole sono semplici e di semplice attuazione. Lavarsi le mani per un minuto, con acqua e sapone e più volte al giorno, non dovrebbe essere un’imposizione da emergenza sanitaria. Licia Iacovielloprofessore ordinario di Igiene e Sanità Pubblica all’Università dell’Insubria di Varese, va dritta al punto quando si tratta di entrare nel merito di quelle misure che devono essere di pubblico dominio: «Per quanto riguarda le imprese, da un lato ci deve essere quell’attenzione e quella preoccupazione primaria nei confronti della salute dei dipendenti, ma dall’altro si deve guardare anche alla sicurezza del datore di lavoro, che nel caso si presentino contagi deve essere protetto dal rischio di denunce, o provvedimenti, da parte dell’autorità».

Quali gli accorgimenti da tenere sempre presenti?
Le cose importanti sono due: evitare l’ingresso all’interno dell’azienda di persone potenzialmente infette e, dall’altro lato, evitare eventuali contagi all’interno perché – non dimentichiamolo – potrebbero anche esserci asintomatici. Ecco perché bisogna rispettare il distanziamento e utilizzare i dispositivi di protezione.

Lei ne fa una questione di buon senso
Se in azienda ci sono spazi ampi, ben aerati e con pochi dipendenti è più semplice tenere sotto controllo gli eventuali contagi. Difficile, invece, in spazi piccoli dove ci sono molti lavoratori e tanti contatti con l’esterno. Se in 20 metri quadrati ci sono due scrivanie a due metri di distanza, non usiamo mascherina. Su una catena di montaggio, dove le operazioni si fanno a meno di un metro, è obbligatoria. E la si deve usare bene. Se si hanno sintomi respiratori o febbre facile, meglio starsene a casa.

La misurazione della temperatura è una buona prassi?
E’ una norma di sicurezza di esclusione perché aiuta l’imprenditore ad escludere chi in quel momento può essere un pericolo. La misurazione deve essere accurata e bisogna difendere la privacy: si misura la temperatura, si chiede al lavoratore di scriverla su un foglio e questo viene depositato in forma anonima.

Torniamo alla mascherina: come si usa?
La mascherina, parliamo di quella chirurgica “usa e getta”, non la si indossa e basta: ogni giorno la devo sostituire. Ma se io la metto, e chi ho davanti non la usa, è come non averla: io proteggo lui, ma lui non protegge me. Inoltre, se dobbiamo riposizionarla bisogna farlo afferrandola dagli elastici. Se la tocco con le mani e poi mi tocco gli occhi, annulliamo qualsiasi protezione.

E le Ffp2?
Hanno una durata di sicurezza di otto ore e ci sono protocolli di igienizzazione con alcool, o esposizione all’aria per due giorni che, però, non hanno una validazione scientifica. Ricordo che questo tipo di mascherina è riservata ad ambienti critici dove c’è stato un contagio (o ci può essere) e dove si è alla presenza di persone fragili e malate. Usiamo quella chirurgica: spendiamo meno e non togliamo le Ffp2 a chi ne ha veramente bisogno.

Mascherina sempre abbinata all’suo dei guanti?
Anche in questo caso li devo usare con testa: se li metto la mattina e li levo la sera, senza usare l’igienizzante, i guanti diventano un pericolo perché non uccidono il virus. Se li uso per un lavoro e li cambio subito dopo, mi proteggono. Comunque, se non ci si trova in situazioni particolari meglio usare l’igienizzante o lavarsi le mani con acqua e sapone: la misura che funziona veramente è questa. Ecco perché è importante che nelle aziende ci siano più postazioni con dispenser di soluzioni alcooliche. Infine, comunicare.

Questo è un punto che a volte sfugge dal dibattito: perché?
Alcuni pensano sia sufficiente dire: c’è il dispenser, è là, usatelo. Invece bisogna fare una buona educazione; mettere a conoscenza le persone; dire perché si fa una cosa, insegnare loro a farla e per quali motivi. Bisogna igienizzare le mani in modo appropriato, perché alcuni studi dicono che il Covid 19 si mantiene sulle superfici anche per otto o 48 ore.

Igienizzare sé stessi ma anche gli spazi?
Al primo ingresso in azienda, subito dopo il lockdown, un’azienda avrebbe dovuto ozonizzare. Poi, è sufficiente l’igiene a base di candeggina o alcool (il virus è sensibile a questo tipo di disinfettanti) alla fine di ogni turno di lavoro. Ovviamente, anche gli oggetti sulla scrivania devono essere igienizzati, a maggior ragione se non ci lavoro solo io. Indispensabile la pulizia quotidiana della tastiera del Pc e del piano di lavoro.

Misure che non aiutano il clima aziendale?
Dipende da come si inquadra la situazione. E’ vero: c’è una limitazione della libertà personale, dei movimenti e dei contatti ma, proprio per questo, si è meno ammassati e si può dare più valore ai rapporti individuali e allo sviluppo di amicizie interpersonali. La difesa della salute viene prima di tutto. E’ per questo che si deve usare in modo intelligente lo smart working: se non tutti possono stare a casa per lunghi periodi, lo si può fare a turni.

Testi sierologici e tamponi?
Il tampone mi dice se una persona è positiva. Attenzione, però: fra tre giorni quella stessa persona potrebbe essere negativa. Bisognerebbe fare il tampone ogni giorno. Il test sierologico, invece, è importante per l’epidemiologia, ma non mette in sicurezza chi lavora in azienda.